XXV
Festival
Internazionale
di
narrazione
Arzo
21–24 agosto
2025
Journal
30 Agosto 2024
Carola Fasana
“Hamelin” – la magia delle storie
Uno spettacolo di Tonio de Nitto con il camaleontico Fabio Tinella incanta adulti e bambini creando un ponte tra il passato e il presente e ci ricorda l'importanza dell'arte in momenti bui.
27 Agosto 2024
Carola Fasana
“Un mostro di acciaio” mascherato da progresso
"Ilva Football Club" è la storia di una città, di una squadra di calcio, di una famiglia e, in un certo senso, di un Paese che ci piace pensare non esista più e, invece, rimane.
26 Agosto 2024
Giacomo Stanga
Un vento comune: teatro e anarchia
Durante l’incontro in Corte dei Miracoli si è parlato di teatro e di anarchia, ripercorrendo lo spettacolo «Umanità nova. Cronaca di una mancata rivoluzione» con Giuseppe Carullo, Cristiana Minasi ed Edy Zarro.
25 Agosto 2024
Carola Fasana
“Kakuma Fishing in the desert” - un nowhere, da qualche parte, mentre il mondo dorme.
24 Agosto 2024
Giacomo Stanga
È Shakespeare, it’s ok (?)
«Lei Lear», di Chiara Fenizi e Julieta Marocco (Muchas Gracias Teatro), parte dalla tragedia shakespeariana per interrogare il pubblico sulle storie che è abituato a vedere e sulla possibilità di riscriverle.
23 Agosto 2024
Giacomo Stanga
Come una specie di vertigine. Libertà e autodeterminazione tra Calvino e attualità
Come una specie di vertigine. Il Nano, Calvino, la libertà, di Mario Perrotta, ha aperto la ventiquattresima edizione del Festival internazionale di narrazione di Arzo. Poche ore prima di andare in scena, l’attore ha dialogato con Natalia Proserpi sul senso della sua riflessione sulla libertà, sui modi di scrivere teatro partendo dalla letteratura e sulle domande che hanno ispirato il monologo.
14 Agosto 2024
Giacomo Stanga
Inarrestabile è la notte
Al via la XXIV edizione del Festival internazionale di narrazione, tra viaggi nel tempo, nello spazio e riflessioni collettive
26 Agosto 2023
Carola Fasana
“Esercizi di fantastica” per volare con l’immaginazione
"Esercizi di fantastica" interpretato da Elisa Canessa, Federico Dimitri e Francesco Manenti è un manuale visivo e performativo che ricorda agli adulti di guardare il mondo con lo stupore incantato di un bambino e che incoraggia i bambini ad avventurarsi in una dimensione magica con gli occhi ben aperti.
23 Agosto 2023
Carola Fasana
“IO. NOI. GLI ALTRI”
“Posso iniziare?” Così si rivolge al pubblico Nicola Borghesi dal fondo della Corte Solari. Cammina in mezzo alle sedie, sale sul palco, li osserva uno per uno. Sono tante navi separate, non un mare nero compatto. Tanti “io” seduti lì, uno di fianco all’altro.
22 Agosto 2023
Giacomo Stanga
Cosa si dice, come lo si dice: Frosini e Timpano tra scrittura, forma e contenuti
In scena sabato sera con "Gli sposi. Romanian tragedy" e domenica pomeriggio con "Carne", Elvira Frosini e Daniele Timpano hanno incontrato il pubblico del Festival alla corte dei Miracoli, condividendo alcuni dettagli dei loro lavori e parlando, più in generale, di teatro e di narrazione.
20 Agosto 2023
Giacomo Stanga
La morbidezza dell’asfalto: resoconto dell’incontro «il teatro e il carcere»
Riflessione sull'incontro «Storie così grandi» e sugli spettacoli che, in questa edizione del Festival, portano in scena direttamente l'ambiente carcerario (in particolare House we left, Il colloquio e Sguardi a confronto)
20 Agosto 2023
Carola Fasana
“Che cos’è la drammaturgia oggi?”
Chicco Dossi e Simone Tudda, Nicola Borghesi della compagnia Kepler-452, Matteo Luoni e Alan Alpenfelt del progetto Luminanza sul palco della Corte dei Miracoli si sono confrontati con la fatidica domanda “che cos’è la drammaturgia oggi?” posta da Sofia Perissinotto. La drammaturgia può essere un veicolo a cui si ricorre per indagare un’ossessione e trasformarla in un testo, oppure un qualcosa di cui fidarsi e che va rispettato, oppure ancora una modalità per riflettere sulla barriera linguistica in una terra di confine.
18 Agosto 2023
Giacomo Stanga
«È tutto vero»: il mondo visto (quasi) dormendo
A dialogo con Vittorio Ondedei, che giovedì notte ha presentato lo spettacolo "Ho sonno. Il mondo ad occhi chiusi", un monologo liminare tra coscienza e incoscienza accompagnato dalle musiche di Giulio Escalona.
16 Agosto 2023
Giacomo Stanga
Vedersi di fronte
Al via la ventitreesima edizione del Festival Internazionale di Narrazione di Arzo
27 Agosto 2022
Carola Fasana
A dialogo con Irene Serini e Caterina Simonelli: “uno spettacolo in cui tutto è svelato.”
Sabato 20 agosto, nella Tenda Bianca, Irene Serini porta in scena Abracadabra – incantesimi di Mario Mieli [#studio3] in un continuo gioco tra dentro e fuori dalla vita del poeta, attivista, filosofo, attore. È rappresentata sia la difficile e profonda ricerca di Mieli sia quella dell’attrice in un sottile equilibrio tra le due personalità, dettato da momenti di vicinanza e di fusione.
23 Agosto 2022
Carola Fasana
Maniaci d'Amore: un teatro di desiderio, condivisione e comunicazione
Con lo spettacolo Siede la terra. Fenomenologia della pettegola, sabato 20, in compagnia di Luciana Maniaci (Teresa) e Franceso d’Amore (Clarice) siamo catapultati a Sciazzusazzu di Sopra. Un mondo in cui ci sono: i buoni e i cattivi, chi profuma e chi puzza, quelli che si comportano secondo le regole e chi invece va fuori dal tracciato, chi va elogiato e chi va condannato, chi è normale e chi è strano, etc.
23 Agosto 2022
Giacomo Stanga
Storie di uomini e topi
Alcune note scaturite dall’incontro tra la compagnia Usine Baug, autrice di «Topi. A vent’anni dal G8 di Genova 2001», Angelica Lepori, sociologa e parlamentare ticinese, e il pubblico del Festival Internazionale di Narrazione, incontro moderato e concluso con un’interessante rassegna bibliografica proprio dal presidente del Festival Marco Mona.
23 Agosto 2022
Carola Fasana
Laboratorio con Ireni Serini e Caterina Simonelli: "Qual è secondo voi la differenza tra maschi e femmine?"
Venerdì 19 agosto, nella palestra di Arzo, le registe, drammaturghe e attrici Irene Serini e Caterina Simonelli hanno tenuto il laboratorio per adulti/e EveryBody, rivolto in particolare a chi opera in ambito educativo. Quattro ore intense in cui sono state sviscerate individualmente, ma insieme nel gruppo, e sentite sulla pelle, attraverso il medium del corpo, delle tematiche fondamentali inerenti all’identità di genere.
21 Agosto 2022
Giacomo Stanga
«Dare qualche strumento per capire» : conversazione con Alessandro Sesti su Ionica
Andato in scena venerdì sera, «Ionica» di Alessandro Sesti racconta una storia di ‘ndrangheta e di giustizia da un punto di vista peculiare, ed è il frutto di un lavoro di ricerca sul campo che ha profondamente segnato l’attore: ne abbiamo discusso insieme per avere qualche dettaglio sull’origine dell’idea, su come è stato possibile realizzarla e sull’effetto che quell’esperienza diretta ha avuto sulla costruzione dello spettacolo.
21 Agosto 2022
Carola Fasana
"Più che teatro": dialogo con Nicole & Martin
Venerdì 19, della ventiduesima edizione del Festival, nella suggestiva tenda bianca all’entrata del paese, bambini, bambine e famiglie sono stati trasportati nel magico mondo agreste della Germania dell’est di Il pescatore e sua moglie. Sabato il pubblico viene catapultato nel mondo incantato del patrimonio slavo con Wassilissa. E ancora, domenica, con i Musicanti di Brema i piccoli spettatori e le piccole spettatrici seguono i suonatori in un viaggio fortemente simbolico fino alla città di Brema.
20 Agosto 2022
Giacomo Stanga
Deus est machina?
Nel pomeriggio di venerdì Laura Curino e Beatrice Marzorati, le due attrici in scena nello spettacolo «Big Data B&B», hanno incontrato il pubblico del Festival alla Corte dei Miracoli, con la mediazione della professoressa Roberta Carpani (Università Cattolica di Milano).
Oltre al tipo di lavoro intrapreso e alle numerose collaborazioni che si sono rese necessarie per affrontare un argomento di tale portata, si è parlato del senso del teatro, della commistione di linguaggi (tra scienza, latinorum e Goldoni) e di quanto sia sempre più facile – e divertente – fare i cattivi.17 Agosto 2022
Giacomo Stanga
Che basta un colpo di vento per
Al via la ventiduesima edizione del Festival Internazionale di Narrazione di Arzo
23 Agosto 2021
Giacomo Stanga
Una parola, un’immagine
Con Marco D’Agostin, autore e interprete di «First Love», si è parlato anche di scambio culturale tra danza contemporanea e teatro di narrazione. In dialogo con Nunzia Tirelli, coreografa e danzatrice, un piccolo approfondimento sul rapporto tra voce e corpo, sul dialogo tra sport e creazione artistica e sulla relazione che si crea con il pubblico durante lo spettacolo.
22 Agosto 2021
Giacomo Stanga
La scimmia siamo noi
Sabato sera il pubblico del Festival ha avuto il piacere di ammirare «La Scimmia», una riflessione sulla natura umana mediata da un grottesco personaggio da commedia, un essere ibrido che ci porta a interrogarci sulle nostre scelte e sulla nostra – attiva o meno – partecipazione alla narrazione dominante. Alcune riflessioni sull’incontro tra Giuliana Musso, attrice e autrice dello spettacolo, e Sofia Perissinotto.
21 Agosto 2021
Giacomo Stanga
Un teatro all'ascolto
Avviato nel novembre del 2020 in collaborazione con il Telefono Amico Ticino e Grigioni Italiano, il progetto «Pronto? Io ci sono» della compagnia Grande Giro ha esordito al Festival di Narrazione, portando sul palco storie, esperienze e racconti legati alla nascita e all’attività del presidio telefonico 143. Un breve approfondimento, in conversazione con attore e attrici, sui metodi di lavoro e sul rapporto tra il teatro e la realtà.
20 Agosto 2021
Giacomo Stanga
Nel nome di quale padre?
Mario Perrotta, qualche ora prima di aprire la ventunesima edizione del Festival di Narrazione, ha dialogato con Laura Di Corcia per approfondire il lavoro di ricerca – non solo teatrale – che ha portato alla scrittura e alla messa in scena di «Nel nome del padre» e, dalla riflessione sulla genitorialità e sui rapporti sociali che la circondano, sono emersi molti sintomi di disfunzionalità (non solo individuali, anzi) e qualche sincero messaggio di speranza.
1 Settembre 2019
Mara Travella
Incontrarsi su di un palco
Intervista agli attori che hanno portato in scena Thioro. Un cappuccetto rosso senegalese, una coproduzione Teatro delle Albe, Ravenna Teatro, Accademia Perduta, Romagna Teatri, Ker Théatre Mandiaye N'Diaye
1 Settembre 2019
Mara Travella
Raccontare «rimanendo sul confine»
Intervista con Stefano Beghi e Marco Prestigiacomo, voce e musica di due spettacoli – Rimanendo sul confine. Ovvero: la volta che rincorsi il fante di cuori e Simplon (Produzione KaraKorum teatro) – ospiti alla ventesima edizione del Festival.
1 Settembre 2019
Mara Travella
Storia di una ragazza eccezionale
Intervista a Monica Ceccardi a proposito de Il taccuino di Simone Weil, spettacolo preserale andato in scena ieri al cortile della Contessa.
31 Agosto 2019
Mara Travella
Le Clarisse che potremmo essere
Intervista a Marta Cuscunà e Marco Rogante su La semplicità ingannata, andato in scena ieri sera alla Cava Broccatello.
3 Settembre 2018
di Mara Travella
Questa è la bella vita che ho fatto
Una trilogia chiamata Terra Matta. Una voce, una sedia. Stefano Panzeri sulla scena non ha nient’altro, perché il resto è riempito dalla storia di Vincenzo Rabito, un bracciante siciliano semianalfabeta, autore di un’autobiografia tanto lunga e intensa da essere divisa in tre momenti (1899 – 1918; 1918 – 1943; 1943 – 1968).
2 Settembre 2018
di Mara Travella
L’idea un po’ scanzonata di fare il cantastorie
Dopo lo spettacolo l’attore ci ha raccontato un po’ di quello che sta dietro «Transumanze»: le passioni, gli intenti, le ricerche da cui nasce questo spettacolo.
1 Settembre 2018
di Mara Travella
«Io mi rinasco»
Abbiamo fatto una chiacchierata con le cinque voci – quelle di Francesca Cecala, Miriam Gotti, Barbara Menegardo, Ilaria Pezzara, Swewa Schneider – protagoniste di Piccolo canto di resurrezione, della compagnia Associazioni Musicali si cresce, andato in scena ieri sera all’OSC di Mendrisio. Si è cercato di capire come è nato lo spettacolo, che importanza ha il canto e perché l’urgenza di parlare oggi di resurrezione.
1 Settembre 2018
di Mara Travella
A suon di violoncelli
Una breve intervista con Milo Ferrazzini, uno dei membri del gruppo TheXcellos
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23 Agosto 2018
Conferenza stampa
Questa mattina alle 11:00 si è tenuta a Mendrisio la conferenza stampa del nostro Festival, un incontro che ha l’obiettivo di dare un’idea di quello che accadrà da giovedì 30 agosto a domenica 2 settembre ad Arzo.
Cosa si dice, come lo si dice: Frosini e Timpano tra scrittura, forma e contenuti
22 Agosto 2023
Giacomo Stanga

Una caratteristica che i due lavori visti ad Arzo condividono offre lo spunto per un discorso sulla scrittura e l’autorialità: nel repertorio di Frosini e Timpano, infatti, si tratta degli unici due testi non scritti da loro. Gli sposi è, in origine, un testo di David Lescot, mentre Carne è stato commissionato a Fabio Massimo Franceschelli. «Ci interessano gli altri autori, in particolare quelli contemporanei: li leggiamo e ci incuriosiscono» (i due, proprio con Carne, hanno anche lanciato il progetto Pirandello ha rotto il cazzo: i classici siamo noi, proprio per valorizzare la drammaturgia contemporanea); «ovviamente bisogna trovare dei testi che ti corrispondano. Franceschelli è un collega e amico da tanti anni, che vede le nostre produzioni, e quindi quando gli abbiamo chiesto di scrivere un testo ha potuto tagliarlo su di noi. Gli sposi invece esisteva già: noi abbiamo conosciuto Lescot a Parigi nel 2015 nell’ambito di un progetto di scambio che si chiamava Face à face (poi confluito in Fabula mundi). Lui quell’anno fece un nostro spettacolo, Aldo morto, e ci piacque molto, soprattutto perché è un testo molto tagliato su Daniele e perché è una storia molto italiana, quindi non facile da adattare, ma lui fece un lavoro intelligente. Da lì ci siamo scambiati dei materiali, noi abbiamo letto dei testi suoi e abbiamo trovato Les Epoux, un testo molto nelle nostre corde anche perché ci occupiamo molto di storia, i nostri spettacoli parlano quasi sempre di eventi storici o comunque sociali».
In entrambi i casi, poi, è stato possibile rilavorare i testi in accordo con gli autori: Carne – su cui Franceschelli aveva dato carta bianca – è diventato molto più astratto di quanto le didascalie originali indicassero, e Gli sposi si è accorciato e asciugato, anche in collaborazione con Lescot, che nell’originale aveva trascritto ad esempio quasi per intero molti dei discorsi di Ceausescu che si sentono in scena. In questa fase di elaborazione, i due spettacoli hanno anche guadagnato le musiche, che giocano un ruolo diegetico importante. Ivan Talarico ha composto su misura tutte le musiche di Carne, mentre quelle scelte per Gli sposi servono a dare un’idea al pubblico non romeno dell’evoluzione musicale nel paese, dalla voce di Maria Tănase, autenticamente legata alla tradizione del Paese, alle musiche occidentali degli anni ’60 e ’70 tradotte in romeno fino all’esplosione apicale: «una canzone pop famosa in tutto il mondo e che però assomiglia a tutte le canzoni di tutto il mondo, il che aggiunge il discorso dell’ultraglobalizzazione post-‘89».
Questo punto apre la possibilità di parlare del finale dello spettacolo, e in generale dell’atteggiamento assunto nei confronti dei personaggi, un tema sempre interessante quando si trattano figure storiche e in particolare figure storiche canonicamente negative, come Frosini e Timpano hanno già fatto, su tutti, in Dux in scatola (2005). «Eravamo curiosi anche noi della Romania e di Ceausescu: prima di lavorare allo spettacolo sapevamo molto poco, quasi solo le immagini dell’ ‘89, come tutti. Forse chi appartiene a una generazione diversa si ricorda anche il Ceasusescu di prima, cioè quello di cui in Europa occidentale si parlava bene, l’unico simpatico del blocco sovietico, in un certo senso». Già alla base, quindi, un doppio giudizio. «Poi noi ci siamo informati, abbiamo letto, visto documentari e film, ascoltati la musica del periodo, e ci siamo fatti un’idea, nei limiti del possibile».
«In generale, nel nostro teatro, non vogliamo mai fare uno spettacolo a tesi, con già una risposta pronta. Il nostro lavoro è un po’ quello di scavare nella complessità degli eventi, che è una compessità che ci appartiene: anche le cose che stanno dietro di noi in realtà influenzano come siamo adesso e come pensiamo. Non prendiamo mai una posizione precisa, anche se poi magari abbiamo delle idee personali sull’argomento: facciamo emergere le varie facce del problema, e lasciamo al pubblico la possibilità di porsi delle domande insieme a noi. In Carne il processo è molto dicotomico, ma anche ne Gli sposi abbiamo cercato di affrontare criticamente la versione occidentale degli eventi che conoscevamo, anche andando lì a parlare con diverse persone e diverse generazioni. Per esempio abbiamo visto due guide turistiche darci versioni molto diverse, e una – poco più che ventenne – era proprio nostalgica; e poi abbiamo visitato i musei dedicati a quel periodo e abbiamo anche messo in scena lo spettacolo a Bucarest per i 30 anni della caduta di Ceausescu. Si respirava un’aria strana in città, tesa, al di là dello spettacolo che è piaciuto».
Quest’ambiguità si ritrova in scena: «dove potevamo rafforzare quest’impressione di una fastidiosa simpatia-tenerezza per dei personaggi che di base storicamente condanni abbiamo cercato di metterla e di trascinarla anche con il finale, che nel testo non era esattamente così (l’idea che loro, tra virgolette, vengono ammazzati dal pop occidentale, non c’era)». E spesso, lo sguardo critico si giova dell’unione delle forme e dei contenuti. A contare particolarmente non è solo il testo, ciò che esplicitamente viene detto sulla scena, ma il come viene recitato: lui fermo a pugno chiuso e illuminato di taglio da una luce rossissima mentre lei balla sulle note di una improbabile Carrà romenizzata, la sorveglianza maniacale di telefoni e conversazioni presentata (letteralmente) a suon di barzellette, o l’appoggio dell’occidente rappresentato da tutti gli oggetti regalati ai due cognugi dai capi di stato americani, inglesi, svedesi, etc.
A chi guarda rimane quindi del lavoro da fare, dal punto di vista sia interpretativo sia, latu sensu, politico: «all’idea dello spettatore attivo fondamentalmente ci crediamo», a rischio di risultare divisivi. «Dipende sempre se lo prendi come un problema o no; essere divisivo potenzialmente ha un valore dialettico interessante, nel senso che le persone capiscono cosa pensano vedendo, leggendo, parlandosi, … Dalle posizioni opposte capisci cosa pensi tu. Già sullo spettacolo su Mussolini c’era chi diceva che se il pubblico prova pietà per il corpo del dittatore appeso allora lo spettacolo è fascista, oppure che chi non ha gli strumenti per capire poteva essere traviato: nella nostra forma mentis, in realtà, questo effetto è un valore, perché altrimenti sarebbe dirti come la penso io e come la devi pensare tu, seguendo una corrente pedagogica ed edificante che ultimamente è molto forte. Noi cerchiamo di creare delle emozioni e dei pensieri contrastanti, o almeno dei dubbi: e non è vero che ciò vuol dire non prendere posizione; è solo non far capire che posizione prendi, non far vedere la differenza tra quando stai dicendo qualcosa che pensi e quando stai mimando posizioni altrui. Altrimenti invece che andare a teatro fai una conferenza, o una messa, e metti tutti d’accordo».
L’augurio di Elvira Frosini e Daniele Timpano che il teatro continui a stimolare riflessioni e, soprattutto, a essere mezzo di confronto con le altre persone – «secondo noi è fertile che qualcuno veda lo spettacolo e si chieda perché altri vicino a lui reagiscano in maniera diversa» – chiude una ricca conversazione e, per questa edizione, la rassegna degli incontri con le compagnie in scena negli spettacoli serali.
Ph. Simone Mengani