ASSEMBRA/MENTI
29 e 30 agosto 2020
rassegna sonora del Festival internazionale
di narrazione di Arzo
XX
Festival
internazionale
di
narrazione
Arzo
29 agosto —
1 settembre
2019
Journal
1 Settembre 2019
Mara Travella
Incontrarsi su di un palco
Intervista agli attori che hanno portato in scena Thioro. Un cappuccetto rosso senegalese, una coproduzione Teatro delle Albe, Ravenna Teatro, Accademia Perduta, Romagna Teatri, Ker Théatre Mandiaye N'Diaye
1 Settembre 2019
Mara Travella
Raccontare «rimanendo sul confine»
Intervista con Stefano Beghi e Marco Prestigiacomo, voce e musica di due spettacoli – Rimanendo sul confine. Ovvero: la volta che rincorsi il fante di cuori e Simplon (Produzione KaraKorum teatro) – ospiti alla ventesima edizione del Festival.
1 Settembre 2019
Mara Travella
Storia di una ragazza eccezionale
Intervista a Monica Ceccardi a proposito de Il taccuino di Simone Weil, spettacolo preserale andato in scena ieri al cortile della Contessa.
31 Agosto 2019
Mara Travella
Le Clarisse che potremmo essere
Intervista a Marta Cuscunà e Marco Rogante su La semplicità ingannata, andato in scena ieri sera alla Cava Broccatello.
3 Settembre 2018
di Mara Travella
Questa è la bella vita che ho fatto
Una trilogia chiamata Terra Matta. Una voce, una sedia. Stefano Panzeri sulla scena non ha nient’altro, perché il resto è riempito dalla storia di Vincenzo Rabito, un bracciante siciliano semianalfabeta, autore di un’autobiografia tanto lunga e intensa da essere divisa in tre momenti (1899 – 1918; 1918 – 1943; 1943 – 1968).
2 Settembre 2018
di Mara Travella
L’idea un po’ scanzonata di fare il cantastorie
Dopo lo spettacolo l’attore ci ha raccontato un po’ di quello che sta dietro «Transumanze»: le passioni, gli intenti, le ricerche da cui nasce questo spettacolo.
1 Settembre 2018
di Mara Travella
«Io mi rinasco»
Abbiamo fatto una chiacchierata con le cinque voci – quelle di Francesca Cecala, Miriam Gotti, Barbara Menegardo, Ilaria Pezzara, Swewa Schneider – protagoniste di Piccolo canto di resurrezione, della compagnia Associazioni Musicali si cresce, andato in scena ieri sera all’OSC di Mendrisio. Si è cercato di capire come è nato lo spettacolo, che importanza ha il canto e perché l’urgenza di parlare oggi di resurrezione.
1 Settembre 2018
di Mara Travella
A suon di violoncelli
Una breve intervista con Milo Ferrazzini, uno dei membri del gruppo TheXcellos
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23 Agosto 2018
Conferenza stampa
Questa mattina alle 11:00 si è tenuta a Mendrisio la conferenza stampa del nostro Festival, un incontro che ha l’obiettivo di dare un’idea di quello che accadrà da giovedì 30 agosto a domenica 2 settembre ad Arzo.
L’idea un po’ scanzonata di fare il cantastorie
2 Settembre 2018
di Mara Travella

È una storia che s’ intreccia a tante altre, quella che ci racconta Fabrizio Pugliese. La voce – e la chitarra che l’accompagna – tirano le fila della vita di Pellegrino, chiamato da tutti Pippi. Lui è un pastore che ogni anno, con il gregge e si suoi compagni, scende a valle. Semplicemente: fa la transumanza. Transumare significa passare attraverso la terra, ossia trans hummus, attraversare montagne, paesi, accompagnare le pecore a piedi fino alla pianura. La transumanza è una tradizione antica e il giovane pastore l’ha imparata da suo padre.
Il cammino di Pippi è fatto di incontri. Il primo di tutti è quello con Agnese, la pecorella che fa nascere con le sue mani, che seguirà sempre il suo passo, che dormirà accanto a lui, per la quale il protagonista della storia sarà disposto a mettere a rischio anche la propria vita. «È importante prendersi cura delle cose che si amano» e questo Pippi lo sa bene, e lo capisce ancor di più quando trova Giovannina. La loro storia nasce dalla stessa passione, quella per i libri. Il personaggio di questo spettacolo è così: capace di far nascere una pecora, di emozionarsi di fronte a una poesia, di credere nell’amore al di là delle barriere sociali. Nella narrazione c’è spazio anche per la storia di un pastore arabo, Karem, con la malinconia negli occhi per la patria abbandonata e con le stesse mani dei compagni italiani. Karem ha imparato che le strade della guerra sono cicatrici, ed è scappato da quella ferita per percorrere i sentieri dei pastori in un altro paese, in Italia.
Transumanze parla anche di scontri, di come la modernità sia capace di mettersi di traverso, impedendo il naturale percorso dei contadini, credendo di poter recidere una cultura tramandata di padre in figlio da generazioni.
Per questo l’attore porta in scena questo spettacolo, perché «chi pratica la transumanza oggi è un eroe»: è un uomo che resiste di fronte ai tentativi di appiattimento, di annullamento, di quello che oggi chiamiamo progresso.
Fabrizio Pugliese ci ha tenuti aggrappati alla storia, regalandoci uno spettacolo che parla con semplicità di un mondo che cambia dimenticandosi del passato. E si sa – che le cose semplici sono le più belle, come una mattinata all’oratorio di Arzo, con la pioggia fuori, e le storie, la musica di una chitarra, a illuminare, a scaldare, dentro.
Dopo lo spettacolo l’attore ci ha raccontato un po’ di quello che sta dietro «Transumanze»: le passioni, gli intenti, le ricerche da cui nasce questo spettacolo.
Buona lettura!
«Sicuramente parlare del transumare mi interessava per la mia grande passione per la montagna. Mi piace vivere in Salento, ma mi mancano le montagne. Qui ad Arzo mi sento subito a casa. Un’idea per lo spettacolo mi è venuta leggendo un libro di Rumiz, La leggenda dei monti naviganti : lui in Abruzzo incontra un pastore che gli dice che ci sono delle nuove leggi «che il latte dev’essere bianco all’origine». In quel momento mi è venuto in mente che quando io salivo in Sila, la montagna sopra Cosenza – in Calabria – ho incontrato degli amici pastori che mi hanno raccontato qualcosa di analogo. Da lì nascono tante storie. Vuole essere una mia caratteristica quella di non geolocalizzare – a quello ci pensa Googlemaps. A volte i problemi non appartengono ad un posto preciso, per esempio certi aspetti del mio spettacolo non sono coerenti con il territorio calabrese, ma sono coerenti con il territorio armeno. Volevo una storia il più possibile universale.
Il racconto del pastore che salva la pecora è vero: se l’animale cade, l’uomo si butta. Questa discesa è un’immagine che ho preso da un film di un regista armeno. C’è una scena di un pastore abbracciato alla pecora che scende dal torrente, si aggrappa, cerca di salvarsi. Il montaggio è bellissimo: il regista prende la pellicola e la rigira, la rimonta, la riorganizza. Sembra una discesa epica. In realtà è una cosa semplice. È questo che mi interessa: trovare piccole storie e farle diventare epiche, da cui l’idea un po’ scanzonata di fare il cantastorie.
Ho cercato di mettere insieme transumanze animali e umane; ho cercato di accostarle, di metterle in un territorio che diventa ostile e non dovrebbe. Per rendere il territorio favorevole alla maggioranza – perché è la maggioranza che comanda a questo punto – cioè fare la strada asfaltata, si distrugge oggi quello che andrebbe invece preservato, una cultura “minoritaria”, però antica e importante».