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Che basta un colpo di vento per

17 Agosto 2022

Giacomo Stanga

Il 2022 è l’anno della ventiduesima edizione del Festival Internazionale di Narrazione di Arzo, edizione che, tra graditi ritorni al passato e aperture anche coraggiose verso il futuro, sembra attraversata da una forza nuova e solita al tempo stesso. Se sarà infatti un piacere ritrovare le storie, la musica nelle strade del borgo, i luoghi di aggregazione di sempre e gli allestimenti a cui il pubblico di lunga data è abituato, non sarà meno entusiasmante la scoperta di un Festival che, rimasto particolarmente colpito dall’accoglienza ricevuta dalla popolazione della Montagna, ha voluto conservare alcune innovazioni dell’edizione XXI (due esempi sono i palchi a Meride, ovvero il Giardino del Roccolo e la nuova Casa Fossati, e la convenzione con i ristoranti della zona).

 

Questa doppia spinta si riflette, beninteso, sul programma, denso di spunti sia sul fronte del già noto sia su quello della novità: molte infatti le compagnie giovani o giovanissime che esordiscono quest’anno ad Arzo, affiancate da grandi nomi come Laura Curino, Luigi d’Elia o Nicole & Martin, già più volte applauditissimi ospiti del Festival.

 

Sul fronte del programma serale e pre-serale, a fare da trait d’union è l’attenzione verso il presente e verso un teatro di narrazione che racconti la realtà con cognizione di causa e con sguardo critico: Alessandro Sesti, per intervistare il testimone di giustizia di cui parla il suo Ionica, ha vissuto a sua volta un anno sotto scorta, Laura Curino ha collaborato con docenti di META – la rete del Politecnico di Milano che si occupa di istanze etiche e filosofiche nello sviluppo scientifico – per la preparazione di Big Data B&B, e lavori altrettanto seri hanno impegnato Irene Serini, che ci porterà uno – il terzo – dei suoi cinque studi su Mario Mieli e la compagnia Usine Baug, che proprio dalla necessità di una raccolta di informazioni di seconda mano prende spunto nel suo Topi. A vent’anni dal G8 di Genova 2001 (in prima persona, infatti, sono troppo giovani per esserci stati). L’offerta è completata poi da Siede la terra. Fenomenologia della pettegola, con il quale i Maniaci d’Amore trattano le logiche maschiliste che sottostanno alle dinamiche delle piccole comunità di paese, dal lavoro di KHORA.TEATRO sulla fragilità delle relazioni interpersonali e sulla solitudine che ci chiude in Bolle di sapone e dalla presentazione finale di Vasi comunicanti, lo spettacolo nato dal lungo percorso di Karakorum Teatro sul territorio di confine, tra il Ticino e la Lombardia. Non mancheranno quindi, dal palco, le occasioni di interrogarsi su quanto accade nella società contemporanea.

 

Anche per spettatori e spettatrici più giovani, poi, abbonderanno gli stimoli, con un ricco programma pomeridiano che vuole anche riflettere sugli stereotipi delle fiabe e della narrazione: possono una gatta e una topolina essere Amiche per la coda? E possono gli scoiattoli rintracciare i loro compagni di giochi anche tra i ‘due zampe’? E cosa si ottiene grattando sotto la patina hollywoodiana che ormai ricopre, nell’immaginario collettivo, la vicenda di Tarzan? Molte curiosità da esplorare nel fine settimana del Festival, cercando forse di rispondere alla domanda che dona il titolo allo spettacolo di Luca Chieregato, ovvero: Di che storia hai bisogno?

 

Con l’idea di coinvolgere direttamente il pubblico in questa riflessione sulla narrazione, sono stati anche organizzati, sia per chi opera nel settore dell’educazione e dell’istruzione sia per i bambini e le bambine, momenti di laboratorio coronati, sabato pomeriggio, da una tavola rotonda che si preannuncia interessante già solo per la presenza di Cecilia Caleo, Rossella di Benedetto, Irene Serini e i Maniaci d’Amore.

 

Protagonista di questo Festival è quindi una narrazione che nasce dall’esigenza di documentare, di riflettere, di decostruire, di immaginare nuovi orizzonti e di sognare, narrazione che, nel suo complesso rapporto con la realtà, è cambiata, mantenendo però un nucleo di meraviglia. Quella meraviglia espressa dal presidente Marco Mona in occasione della conferenza stampa di lancio, la meraviglia che chi ha attraversato le strade del Festival almeno una volta difficilmente scorda – pur senza riuscire, spesso, a descriverla con precisione –, quella che si doveva provare all’arrivo dei cantastorie e a cui oggi guarda il longevo progetto di teatro itinerante di Nicole & Martin («più che teatro», lo descrive lei); un po’ di quella meraviglia risiede proprio nella consapevolezza che, per qualche giorno, i piccoli paesi della Montagna possono diventare un’officina di storie, che anche da ciò che raccontiamo alle nuove generazioni possiamo partire per riflettere sul mondo e su come funziona, che ciò che ci raccontiamo forgia il nostro immaginario come individui ma anche come società, che il teatro non è mai ‘solo’ teatro e che, davvero, basta un colpo di vento per.